Abbiamo imparato a conoscerla in questi anni travestita dai personaggi Disney più famosi, ma dietro maschere, trucco e parrucche spuntavano sempre i suoi occhi luminosi e sorridenti.
Di chi parliamo? Della nostra educatrice Eleonora Stecca che da qualche settimana ha iniziato ad affiancare il lavoro della psicologa Benedetta e del tirocinante Francesco in Chirurgia Pediatrica, grazie ad una Borsa di studio che le è stata assegnata.
Prendersi cura dell’altro per imparare ad aver cura anche di sé: con questo motto Eleonora ci racconta di sé, dei suoi studi, del suo presente e dei suoi sogni futuri. Cosa l’ha spinta ad intraprendere gli studi in Scienze dell’Educazione e poi un Master in Pedagogia Clinica per dedicarsi anima e corpo alla cura degli altri lo scopriremo insieme in questa intervista.
Benvenuta Eleonora!
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Eleonora, ci racconti il tuo percorso di studi?
Ho conseguito la laurea triennale in Scienze dell’Educazione a marzo del 2019. Dopo un po’ di riflessione, ho scelto di intraprendere il percorso magistrale, scegliendo il corso di laurea in Management dei Servizi e Processi educativi, che mi ha fornito un’impostazione volta al coordinamento di realtà educative e mi ha insegnato come poter lavorare bene in gruppo, qualità che ritengo indispensabile nel lavoro educativo. Infine, a ottobre del 2021 mi sono iscritta ad un master in Pedagogia Clinica, perché sento il bisogno di avere degli strumenti più specifici per potermi prendere cura della relazione con le persone che incontro nel mio lavoro.
Cosa ti ha portato a scegliere la nostra Associazione per la tua borsa di studio?
Ho conosciuto Associazione Puzzle in occasione dei Blitz in reparto, cui ho preso parte in prima persona e in cui ho potuto dare uno sguardo al mondo di chirurgia pediatrica.
Ho sempre ammirato il senso di famiglia, di reciprocità e di donarsi per l’altro che anima l’Associazione, l’energia che i soci mettono nel realizzare i progetti e il modo in cui tutti credono nell’importanza della presenza della figura dell’educatore e della psicologa in reparto.
Quando mi è stata prospettata la possibilità di partecipare al bando per la borsa di studio, non ho avuto molti dubbi, e quei pochi rimasti sono stati fugati dal desiderio di poter vivere questa esperienza in un ambiente in cui so di poter crescere e di poter dare il mio contributo attivo.
Cosa ti aspetti da questa esperienza in reparto?
Mi aspetto di crescere e di costruire. Sono desiderosa di apprendere, anche grazie alle altre figure professionali che affiancherò in reparto, di imparare a lavorare con loro, di sperimentare, di mettermi in gioco, e di portare all’interno del reparto tutta la realtà associativa che, a causa del virus, purtroppo ancora rimane fuori. Mi aspetto di imparare dai piccoli pazienti e comprendere la sofferenza, mi aspetto di poter dare nuovi significati alla gioia, mi aspetto di apprezzare ancora di più la semplicità di un disegno fatto insieme mentre si chiacchiera e si condividono emozioni e preoccupazioni.
Spero di poter diventare un punto di riferimento per i piccoli pazienti, con cui sanno di poter “uscire” dalla routine del reparto per poter essere, semplicemente, dei bambini/ragazzi.
Cosa ti dona stare a contatto con i piccoli pazienti?
Una delle frasi più significative che descrive il mio lavoro per me è questa: “L’educatore, prendendosi cura dell’altro, impara ad aver cura anche di sé”. Considero un privilegio poter entrare, anche per poco, nella vita delle persone e poter fare in modo di contribuire al loro fiorire, ed allo stesso tempo lasciare che loro insegnino a me, in una sorta di scambio reciproco. Stare con i bambini e i ragazzi mi arricchisce ogni giorno in più modi.
Un ricordo speciale delle tue attività con i bambini?
Non saprei quale scegliere. Ci sono stati tanti bambini che hanno lasciato una traccia nel mio cuore, che in qualche modo hanno contribuito a plasmare il modo in cui io sono educatrice. Probabilmente, i momenti più speciali sono per me quelli in cui i bambini mi hanno detto “grazie”: ci sono state delle occasioni in cui pensavo di non aver fatto niente di buono o di utile, ed invece per loro avevo già fatto tanto. Queste occasioni mi hanno fatto capire il senso di essere educatrice: per questo, io li ringrazio a mia volta.
Cosa sogni/desideri per il tuo futuro?
Credo che il lavoro educativo sia sempre più indispensabile nella società in cui ci ritroviamo a vivere. Per questo, il mio sogno o desiderio “in grande” è poter fare tutto ciò che è nelle mie possibilità per far sì che l’importanza degli educatori ed educatrici venga riconosciuta e perché ci venga dato il giusto spazio per poter accompagnare le persone nel loro cammino di crescita.
Invece, ciò che desidero nel piccolo della mia quotidianità è poter fare il maggior bene possibile per qualunque persona io incontri nel mio percorso: mi piacerebbe rimanere nei loro ricordi come qualcuno che ha fatto del bene per loro.
Eleonora Stecca